Per deformazione professionale mi capita di sovente che i miei discorsi si soffermino sulla qualità e sulle varietà ortofrutticole. In ognuna di queste discussioni mi capita di constatare un fatto importante: con la diminuzione dell'età dei miei interlocutori diminuisce altresì il numero di specie frutticole conosciute. Mele cotogne, mele limoncelle, sorbe, nespole europee (molti conoscono solo la nespola giapponese), le more di gelso bianche e nere, il pero corvino, il corbezzolo. Sono varietà di frutti, conosciute dai nostri nonni e purtroppo ignote ai più giovani.
Questo rappresenta a mio avviso il sintomo di un preoccupante fenomeno, quello della diminuzione della biodiversità vegetale negli ecosistemi agrari. Una riduzione che riguarda le specie e le cultivar delle varietà frutticole coltivate. Le pere a spina, le mele zitelle, le mele di San Giovanni (a maturazione precoce), costituiscono una collezione genetica in via di estinzione. Sarebbe una grave perdita , in quanto, oltre alla scomparsa delle vecchie cultivar, andrebbe a dequalificare la ricerca finalizzata alla creazione di nuove varietà. In sei parole: pregiudicare il futuro distruggendo il passato.
Tra i cosiddetti frutti minori non possiamo non menzionare le amarene (Prunus cerasus L.), variante acida del ciliegio dolce (Prunus avium L.). L'area di origine delle amarene pare che sia inscrivibile tra il Mar Nero e l'Armenia, anche se la sua diffusione nei boschi europei viene segnalata da tempi remoti.
Una grande consuetudine riguardante l'uso delle amarene (in alcune varianti chiamate anche marasche o visciole) unisce tutta l'Italia e le sponde del Mare Adriatico, come testimoniano il gran numero di liquori e conserve che da questo frutto si ricavano: le "visciole al sole" diffuse un po' in tutta Italia (famose quelle di Cantiano), le confetture a base di amarene, il Maraschino di Zara (realizzato con le marasche prodotte in grande quantità nell'entroterra zaratino).
Nella tradizione abruzzese esiste un prodotto particolarissimo, che unisce la tradizionale coltivazione di amarene (esiste una specifica cultivar chiamata amarena di Pescara) al grande patrimonio enologico della Regione: la Ratafià, chiamata anche Rattafìa o Ratafiat. Questo nome strano pare che provenga dall'usanza di bere questo particolare rosolio negli studi notarili dopo la stipula dei contratti, contestualmente alla pronuncia, da parte del notaio, della formula "Ratafiat", ovvero, che i patti siano ratificati.
Si ottiene mettendo a macerare per un periodo variabile (comunque intorno al mese) le amarene in una miscela di Montepulciano Cerasuolo D.O.C., alcool o acquavite e zucchero. Si ottiene un liquore dal colore rosso violetto, amabile e dal caratteristico sapore di amarene, dal profumo inconfondibile.
Viene usato nella pasticceria casalinga per bagnare il pan di Spagna delle torte di compleanno e si beve accompagnandolo al consumo dei dolci tipici abruzzesi, come il "torrone di Sulmona" o il "parrozzo di Pescara".
Un abbinamento fantastico e raffinato è quello che si può realizzare affiancando la ratafià (temperatura di servizio 15°C) ad uno Strudel di Amarene, decisamente ben descritto in questa ricetta. Un connubio che consente di apprezzare benissimo le caratteristiche dei due protagonisti, rendendo piacevole ed all'insegna della naturalità un pomeriggio di conversazione. Nel periodo di maturazione di questi preziosi frutti è un vero peccato non approfittarne, facendone una fantasiosa ed interessante degustazione.
Tra le tipologie realizzate dai produttori abruzzesi vorrei menzionare quella realizzata dalla Azienda Agricola "Praesidium" di Prezza (AQ), nell'area dove il vitigno "montepulciano d'abruzzo" ha la sua più antica diffusione. E' un rosolio di classe, moderatamente alcolico (26,5% vol.), da annoverare tra i migliori vini aromatizzati presenti nel nostro Paese. E' possibile trovarlo in enoteca ad un prezzo di circa 16 euri.
Molto valida anche quella presentata dalla "Enrico Toro & C." di Tocco da Casauria (PE): presenta caratteristiche produttive leggermente diverse, ma il risultato è di assoluto rilievo. Questa azienda (famosa soprattutto perchè produce l'ottima centerba abruzzese) la realizza con un grado alcolico finale del 20,5% vol.
Bontà, tradizione, biodiversità: i segreti per il successo dell'agroalimentare italiano. Questo prodotto li riunisce con raffinatezza.
Allora cosa dire?? Buona Salute a Tutti!! Pierluigi Salvatore.
NELLE FOTO: LA CONCA PELIGNA (AQ), FRUTTI DI AMARENE, IL PARROZZO (DOLCE TIPICO ABRUZZESE), BOTTIGLIA DI RATAFIA' DELLA AZIENDA PRAESIDIUM, BOTTIGLIA DI CENTERBA TORO.
11 comments:
Però quasi quasi un bel Parrozzo... Mi ricordo di aver assaggiato ad una fiera un "Vino e Visciole" sempre abruzzese, una favola. Per non girare con la bottiglia abbiamo pensato di ripassare alla fine del nostro tour e...indovina? FINITO! Ho ancora l'amaro in bocca...
Interessante l'origine del nome! E Strudelfiat!
Ricordiiiiii......io bolognese ma di origine aquilana, mi mancano questi sapori!!!!!!
titti
Carissime Titti e Venere...mi sa che devo organizzarmi a mandare qualche pacchettino gustoso...
Conosco Bene Cantiano... ovviamente pe r motivi "geologici"
:-))))
carissimo...già che devi organizzarti per i pacchettini...non é che potresti includere anche me...?
no, dai ... scherzavo :: non voglio fare la parte di quella che si aggrega all' ultimo minuto...;-)))
ciao a prestissimo
A questo punto inizierò a mandare derrate bbuone!!
Potranno aiutare anche Daniela nelle esplorazioni geologiche :).
Vorrei chiederti se i tuoi due nomi sono solo nomi oppure uno è il cognome.
Ciao!
Pierluigi è il nome e Salvatore è il cognome!
tali inconvenienti mi capitano spesso :)
Buona Salute!!
ciao Pierluigi, buono il maraschino!
Lo accompagnerò, come da tuo consiglio, allo strudel di Venere, che avevo deciso di provare, poi ti farò sapere.
Veramente parlavo di ratafià...comunque un buon bicchierino di maraschino col ghiaccio non ci sta male..a patto di trovarne di quello buono!! se lo trovi, buona salute a te!!
Pensavo che il ratafià fosse piemontese (biellese per la precisione). Mi pare vada pronunciato con l'accento sull'ultima sillaba mentre nella piana di Sulmona lo sento pronunciare "Ratafìa".
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